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GALLERIA NAZIONALE E TEATRO FARNESE – Parma
É con la costruzione di un grande teatro ligneo, voluto da Ranuccio I nel 1618 per festeggiare con un fastoso apparato scenico la visita a Parma di Cosimo II de’ Medici, signore di Firenze, che prende avvio la progressiva trasformazione del complesso monumentale della Pilotta, originariamente concepito come palazzo dei servizi della corte, a sede delle istituzioni culturali più importanti e prestigiose della città, le stesse che ancora oggi vi sono ospitate. Al primo piano, un imponente portale ligneo dipinto a finto marmo segna l’ingresso al Teatro Farnese, costruito in tempi brevissimi (1617-18) su progetto dell’architetto ferrarese Giovan Battista Aleotti, detto l’Argenta, adattando una grande sala d’armi con materiali tipici delle costruzioni effimere – legno, stucco, cartapesta – usati per simulare marmi e metalli preziosi. Concepito per realizzarvi l’opera-torneo, un genere sontuoso che solo le casate principesche si potevano permettere, in cui il melodramma si fonde con il gioco d’armi fingendo l’evento bellico, la novità che fa del Teatro Farnese un modello per la successiva scenografia teatrale barocca sta nella vastità e nella particolare conformazione degli spazi, e nella ricca decorazione plastica e pittorica che riveste la struttura architettonica. Un proscenio monumentale separa il palco dalla cavea che poteva essere riservata al pubblico o diventare arena di spettacolo e, riempita d’acqua, di battaglie navali. Lo spazio intorno al palcoscenico e sotto il piano di scena nascondeva al pubblico le complesse macchine necessarie alla “maraviglia” del teatro barocco, mentre la cavea, a gradoni e doppio ordine di serliane, con la sua pianta a U, era funzionale alla capienza, alla migliore visuale del pubblico e all’acustica.
Sfumato per motivi di salute il viaggio di Cosimo, l’inaugurazione del Teatro – già ultimato nel 1619 – avviene solo nel 1628, in occasione delle nozze tra Margherita de’ Medici e il duca Odoardo, con uno spettacolo allegorico-mitologico dal titolo “Mercurio e Marte”, testo di Claudio Achillini e musiche di Claudio Monteverdi, arricchito da un torneo e culminante in una spettacolare naumachia. Data la complessità degli allestimenti scenici e i loro altissimi costi, il Teatro fu utilizzato soltanto nove volte, in occasione di matrimoni ducali o importanti visite di stato. Quasi completamente distrutto da un bombardamento aereo alleato nel maggio del 1944, è stato ricostruito a partire dal 1956 secondo il disegno originario; le parti lignee, in origine completamente decorate, furono lasciate grezze, ad evidenziare le poche strutture originali superstiti.
Dal 1986 il Teatro Farnese è l’ingresso, scenografico e unico al mondo, della Galleria Nazionale di Parma, il cui percorso museografico, risultato di un ampio e complesso progetto di ristrutturazione avviato nel 1979 e concluso nel 1993, offre al visitatore un itinerario ricco di curiosità ed emozioni che si sviluppa secondo un percorso cronologico e per aree geografiche di produzione, in stretto rapporto con la struttura originaria del palazzo che la ospita. Già in epoca farnesiana, tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento, parte della celebre raccolta di opere d’arte e di antichità di proprietà della famiglia Farnese era ospitata in una grande galleria del Palazzo della Pilotta, come risulta da un inventario ducale del 1708. Buona parte di questa ricchissima collezione di dipinti, monete e oggetti rari e preziosi viene trasferita a Napoli da Carlo di Borbone, erede del ducato Farnese, nel 1734. Ben poche opere restano a Parma, fra cui la piccola e bellissima tela con la Guarigione del cieco di El Greco e il ritratto su lavagna nera di Paolo III Farnese, eseguito da Sebastiano del Piombo, oltre che le due statue colossali raffiguranti Ercole e Dioniso, di epoca romana, provenienti dagli scavi del Palatino a Roma. Le collezioni della Galleria Nazionale di Parma traggono origine dalla Ducale Accademia di Belle Arti, istituita nel 1752 dal duca don Filippo di Borbone (1749-1765) all’interno del Palazzo della Pilotta. La neonata Accademia, con la propria “quadreria” e i reperti provenienti dagli scavi di Veleia, va a costituire, insieme ai saggi accademici degli allievi e ai dipinti vincitori dei famosi concorsi annuali di pittura, il nucleo originario dell’antica Galleria.
La nascita di una vera e propria istituzione museale pubblica, avvenuta nei primi decenni dell’Ottocento ad opera di Maria Luigia d’Austria, duchessa di Parma e Piacenza dal 1816 al 1847, coincide con un ulteriore ampliamento e una definitiva sistemazione delle collezioni ducali, collocate secondo un progetto di esposizione organica realizzato dal pittore ed incisore Paolo Toschi, direttore dell’Accademia dal 1820, e dall’architetto Nicola Bettoli.
Il percorso di visita si apre oggi nell’ala ovest della Pilotta, sviluppandosi in una lunga galleria, come una sorta di prolungato senso unico, con un nucleo di opere scultoree appartenenti al XI-XII secolo, tra cui spiccano alcuni pezzi provenienti dalla cattedrale di Parma eseguiti da Benedetto Antelami. Al periodo tardomedioevale appartiene, invece, un interessante gruppo di tavole a fondo oro di ambito prevalentemente toscano (secoli XIV-XV), frutto di un’acquisizione sul mercato collezionistico promossa nel Settecento dal duca don Ferdinando di Borbone, tramite il marchese Alfonso Tacoli Canacci. La pittura rinascimentale, che costituisce una presenza di grande rilievo nella Galleria Nazionale, propone, oltre ad alcune opere del Quattrocento locale, testimonianze importanti di scuole pittoriche italiane; in primo luogo di quella veneta, con la quale l’arte parmense intrecciò rapporti privilegiati, rappresentata dalle opere di grande rilievo di Cima da Conegliano, provenienti da alcune delle chiese più importanti della città. Ad esse si affiancano dipinti di ambito bolognese, ferrarese e lombardo e, tra i pezzi più celebri della galleria, la piccola tavola con la Scapigliata di Leonardo da Vinci. L’itinerario prosegue nell’ala nord, dove opere di diversa matrice collezionistica si inseriscono nello spazio monumentale di quello che nel Seicento era il grande fienile della corte farnesiana. La struttura reticolare metallica suddivide lo spazio in due livelli espositivi, senza modificare in alcun modo l’architettura del palazzo di cui restano a vista i mattoni delle pareti antiche e le travi del soffitto originario. Alle opere di artisti di provenienza nordica, come Anthonis Mor o Jan Sons, spesso legati alla committenza della famiglia Farnese, si affiancano testimonianze del manierismo locale con protagonisti raffinati come Girolamo Mazzola Bedoli, cugino del Parmigianino. Altre presenze significative di questa sezione espositiva sono i tre cugini Carracci, Ludovico, Agostino e Annibale, provenienti da Bologna, i cui rapporti con Parma e la profonda conoscenza della pittura di Correggio rappresentano una delle tappe fondamentali della loro formazione. Insieme a loro, altri artisti di ambito locale come Giovan Battista Tinti, Sisto Badalocchio e Giovanni Amidano, sviluppano in modo diverso gli influssi dei tre bolognesi, con ricerche stilistiche aggiornate sulla pittura di Caravaggio, ancor più evidenti nelle opere di Bartolomeo Schedoni e Lionello Spada, fino alla maturazione di un linguaggio più moderno e ormai pienamente barocco come quello di Giovanni Lanfranco.
La visita si conclude al piano basso dell’ala nord dove sono ospitate opere sei-settecentesche, ancora di ambito prevalentemente emiliano, ma anche lombardo (Francesco Del Cairo), bolognese (Guercino, Giuseppe Maria Crespi), genovese (Giovan Andrea De Ferrari) e di scuole straniere (Paul Brill, Jan De Heem, Anton Van Dick, Bartolomè Esteban Murillo), e soprattutto un interessante gruppo di opere di cultura veneta, fra cui spiccano tele a soggetto religioso di Giambattista Piazzetta, Giovanni Battista Pittoni e Giambattista Tiepolo, capricci e vedute di Canaletto e Bernardo Bellotto e i grandi e scenografici dipinti a soggetto storico-mitologico di Sebastiano Ricci.
Attraverso una passerella che corre a ritroso lungo gli ambienti espositivi dell’ala ovest, dove trovano posto vetrine con immagini storiche e piante della città di Parma, si giunge al grande Salone di Maria Luigia, che insieme alle sale della Rocchetta ospitò la prima Galleria pubblica cittadina.
Nell’ampio e luminoso salone ottocentesco, scandito dalle imponenti colonne corinzie, ripristinate durante gli ultimi lavori di riallestimento museografico, trovano posto distribuiti su più file i saggi accademici premiati tra 1761 e 1795 e i ritratti dei maestri francesi di cultura illuminista legati alla corte del duca Filippo e del figlio Ferdinando di Borbone. Al centro di questo grande ambiente, concluso da una nicchia che inquadra la celebre statua di Canova della duchessa Maria Luigia, è collocato l’imponente Trionfo da tavola dello scultore catalano Damià Campeny (1803), opera straordinaria di gusto marcatamente neoclassico. In una sala a parte sono ospitati una serie di dipinti del pittore novecentesco Amedeo Bocchi, di origini parmigiane, alcuni dei quali donati dallo stesso artista, che consentono di ripercorrere le varie tappe della sua carriera. Passando per la sala ovale, ove sono collocate le due colossali statue in basanite romana raffiguranti Ercole e Dioniso, del II secolo d.C., provenienti dagli Orti Farnesiani sul Palatino, si giunge, infine, al salone in cui sono esposti una serie di busti-ritratto settecenteschi e la grande tela con La Spiaggia di Renato Guttuso, donata dall’artista nel 1963.
Il percorso si conclude nei raccolti ambienti dell’antica Rocchetta, originariamente una fortezza di epoca viscontea, scelti da Maria Luigia per accogliere i massimi capolavori del Cinquecento parmense e della Galleria Nazionale: le opere di Correggio, tra cui la celebre Madonna del San Gerolamo, e del Parmigianino, di cui si ricorda la Schiava turca e la preziosa collezione di disegni, oltreché alcune significative pale d’altare di maestri della Scuola di Parma.

* tramite assistenza del personale di servizio (tel. 0521 233617)
INFORMAZIONI
Galleria Nazionale
e Teatro Farnese
c/o Palazzo della Pilotta,
piazzale della Pilotta, 5
43121 Parma
tel. 0521 233309 / 233617
sbsae-pr@beniculturali.it
www.parmabeniartistici.benicultural.it
www.gallerianazionaleparma.it
Orari:
martedì-sabato 8.30-19
domenica e festivi 8.30-14
(la biglietteria chiude 30 minuti prima)
lunedì: chiuso
(gli orari di apertura possono subire variazioni nel corso dell’anno)
Ingresso:
a pagamento, con visita libera